Psicologia della Gestalt
non è l’applicazione di un complesso di teorie, ma piuttosto un modo di stare al mondo
La terapia gestaltica è unica tra le più importanti scuole psicoterapeutiche a causa della misura in cui è un sistema costruito sulla comprensione intuitiva piuttosto che sulla teoria. L’unicità della terapia gestaltica consiste, piuttosto, nel fatto che l’intuizione e la comprensione immediata sono i fondamenti dell’attività pratica, mai sostituiti da presupposti teorici. Le idee fanno certamente parte del sistema, ma le idee sono i suoi fiori e mai le sue radici. Si tratta di idee radicate nell’esperienza piuttosto che nell’attività speculativa.
Questi tre punti – PRESENZA, CONSAPEVOLEZZA e RESPONSABILITA’ – costituiscono il nucleo dell’atteggiamento della terapia gestaltica. Sebbene siano in apparenza, tre atteggiamenti differenti, non sono che aspetti o sfaccettature di un unico modo di essere al mondo. Essere responsabile (capace di risposta) comporta essere presente, essere qui. Ed essere veramente presente significa essere consapevole. La consapevolezza, a sua volta, è presenza – realtà – ed è una condizione incompatibile con l’illusione di irresponsabilità tramite la quale evitiamo di vivere le nostre vite. L’atteggiamento di base di apprezzamento del presente, consapevolezza e responsabilità, diventa evidente in una serie di atteggiamenti più specifici che i counselor della Gestalt imparano nella loro formazione e comunicano senza predicare nel loro lavoro.
Il ciclo dell’istinto è un paradigma centrale nella teoria e pratica della Gestalt, la quale non si interessa solo di patologia, essa si pone l’obiettivo di ristabilire un livello sano di crescita, piacere e collaborazione. Il flusso ininterrotto dell’esperienza è lo stato naturale dell’individuo sano, è la naturale espressione dell’energia vitale: un bisogno emerge, viene soddisfatto, emerge di nuovo. Una figura dominante emerge dallo sfondo, attira l’attenzione e dissolve nuovamente dallo sfondo mentre emerge una figura nuova che esige attenzione. È questa la natura ciclica della vita umana. È il fenomeno che viene definito autoregolazione organismica.
1. Vivi ora: cioè preoccupati di ciò che è presente piuttosto che del passato o del futuro.
2. Vivi qui: cioè occupati di ciò che è presente piuttosto che di quello che non c’è.
3. Smetti di immaginare: sperimenta la realtà.
4. Smetti di pensare quando non è necessario. Piuttosto assaggia e senti.
5. Esprimiti invece di manipolare, spiegare, giustificare o giudicare.
6. Arrenditi all’infelicità e al dolore proprio come al piacere: non restringere la tua consapevolezza.
7. Non accettare doveri oltre ai tuoi propri: non adorare idoli.
8. Prendi la piena responsabilità delle tue azioni, sentimenti e pensieri.
9. Arrenditi ad essere ciò che sei.
La creatività è un’attività che richiede di essere coltivata: l’integrazione fra due parti non è naturale in senso stretto. Una poesia è una lega composta come fossero due metalli, dal digitale all’analogico: il bronzo contiene rame e stagno, ma non è più né rame né stagno, e la poesia non è più né digitale né analogico. Si attribuisce spesso ai bambini una capacità creativa, ma questo dipende in realtà da una incapacità: il bambino inventa così facilmente perché non ha un linguaggio digitale sviluppato, con il peso che ciò comporta in termini di significato esatto e complesso delle parole, e inventa quindi facilmente cose semplici. Per un bambino una cosa è quasi un mondo in sé, una realtà senza confini, che può malgrado questo associare facilmente a qualunque altra cosa: stando principalmente sul piano analogico, ha pochi riferimenti digitali, e ogni cosa gli risulta collegabile a parole sorprendenti per un adulto. Nella comunicazione essere creativi significa, in pratica, prendersi il rischio di dire qualcosa di nuovo: deve interessare, però, a chi lo dice, deve cioè essere interessante come esperienza, e avere interlocutori significa allora avere persone con cui si può dire e fare cose nuove, con cui si può insomma giocare. In sintesi la creatività è gioco. La difficoltà è che, per poter giocare liberamente, bisogna scendere a livelli prepulsionali, dove i movimenti non hanno ancora un significato compiuto, giocare con elementi non strutturati significa scherzare, dire sciocchezze, mettere in scena situazioni, ecc.
La difficoltà di scendere sul piano pre-pulsionale dipende da un motivo molto semplice: combinando elementi non strutturati non si sa in anticipo se, sul piano della forma, emerge qualcosa di socialmente accettabile o no, e una delle istanze fondamentali dell’animo umano è il narcisismo, ossia il bisogno di piacere e di piacersi. Il narcisismo, per lo meno entro certi limiti, è un bisogno fondamentale: diventa patologia se si trascorre la giornata davanti allo specchio, ma evidentemente non lo è di per sé il bisogno di piacersi. C’è bisogno di un’immagine accettabile per avere una vita sociale, gli esseri umani non sono completamente autonomi, cercare lo specchio degli occhi degli altri è un comportamento, entro certi limiti, normale: almeno un po’ di gratificazione narcisistica è una necessità fondamentale. Una comunicazione creativa è, dunque, pericolosa, in quanto espone al rischio di fare brutte figure. La cosa più importante, però, è che la creazione è in sé straordinaria, è quello che riempie la fame del cuore. Quando si crea è come se l’anima si nutrisse, e a volte è l’unico nutrimento che l’anima veramente accetta: anche le gratificazioni narcisistiche più forti, la gloria, la fama, il successo, in definitiva vanno e vengono, mentre invece il piacere di creare lascia l’anima soddisfatta in maniera profonda. Si parla di creazione quando si raggiunge valore, e la creazione è dunque strada verso il valore: uno dei valori umani è la bellezza. Per quanto riguarda il mondo interno possiamo dire che sono all’opera istanze pulsionali e istanze narcisistiche: una persona è continuamente in tensione fra i desideri che ha e “la figura che ci fa”. Avere un desiderio, infatti, è un problema perché bisogna dargli una forma che non faccia fare una “brutta figura”. La comunicazione creativa è una sintesi di tensioni interne, è insomma parola viva. La creatività non è una dote , che qualcuno ha e qualcuno no, non dipende dalla personalità del soggetto: è piuttosto una situazione in cui ognuno si può mettere o non mettere. Mettersi richiede un certo sforzo, poiché bisogna mantenere dentro si sé la tensione creativa e sopportarla: non si può essere creativi senza una tensione interna.
Per diventare creativi bisogna imparare a sopportare e a trovare piacevole, affascinante, appassionante, questa tensione: così la comunicazione diventa un po’ più viva e la vita un po più interessante.